Mons. Gremoli, Vicario apostolico di ArabiaEcco l'Islam dal di dentro
DI GIANNI ROSSI

Parla mons. Gremoli, Vicario apostolico di Arabia, frate cappuccino di origine toscana, che da 25 anni guida una «diocesi» del tutto particolare...

C’è una strategia precisa dietro alla diffusione dell’Islam in Occidente. Ne è convinto monsignor Giovanni Bernardo Gremoli, Vicario apostolico di Arabia.
Settantacinque anni, frate cappuccino toscano (è nato a Poppi in provincia di Arezzo), monsignor Gremoli guida da 25 anni una Chiesa davvero speciale, che vive l’«avventura» della fede (il termine è quanto mai appropriato) nel cuore dell’Islam. Il suo Vicariato apostolico (ovvero la circoscrizione ecclesiastica non eretta formalmente in diocesi) comprende i sette Emirati Arabi Uniti, l’Oman, il Qatar, lo Yemen, l’Arabia Saudita e l’isola di Bahrein, coprendo una superficie di oltre 3 milioni di chilometri quadrati (per l’esattezza 3.143.669, ovvero la più vasta «diocesi» del mondo).
Nei territori del Vicariato di Arabia c’è il luogo santo per eccellenza dei seguaci di Maometto, La Mecca, verso il quale ogni buon musulmano si inginocchia in preghiera cinque volte il giorno. Dall’inizio del secolo scorso questa speciale missione è affidata ai cappuccini toscani.
Monsignor Gremoli misura le parole: «L’Islam che io vivo è un Islam equilibrato e comprensivo». Lo incontriamo a Prato, domenica 16 settembre, al convegno organizzato dal Centro di animazione missionaria dei Cappuccini della Toscana che ha sede presso il convento della città laniera. Il titolo è proprio: «L’Islam che io vivo». Era stato organizzato da tempo, ma la tragedia degli Stati Uniti dà un diverso significato all’iniziativa. E così, come e più di sempre, il vescovo cappuccino è molto cauto. Parla di «Islam aperto», ma è un’apertura che va intesa secondo le categorie tipiche della penisola arabica. Sa che le sue parole, anche a migliaia di chilometri di distanza, sono vagliate attentamente.
Solo nel regno assolutistico dell’Arabia Saudita il cristianesimo è severamente proibito. Negli altri stati si registra da qualche anno una maggiore apertura, pur tra mille restrizioni. I 700 mila cattolici presenti nel Vicariato sono tutti stranieri che lavorano nei grandi giacimenti petroliferi. La legge proibisce agli arabi la conversione al cristianesimo.

Il principale ricercato per l’attacco agli Usa è un saudita. Come vive questa tragedia il Vescovo d’Arabia?
«Questa immane tragedia ha colpito tutto il mondo e in particolare ha colpito noi che viviamo da molti anni nel mondo islamico. Sicuramente non ci saremmo mai aspettati qualcosa del genere».

In questi giorni dal presidente Bush alla chiacchiera da bar tutti parlano di Islam. Qual è l’Islam che lei vive?
«L’Islam che io vivo dopo venticinque anni di ministero episcopale nei paesi Arabi è un Islam equilibrato, comprensivo e cooperativo. In questi anni ho potuto realizzare per i molti cattolici che vivono nel Vicariato apostolico d’Arabia alcune chiese, scuole, complessi parrocchiali, e devo dire che ho avuto sempre non soltanto la cooperazione delle autorità ma anche la loro generosità nel donarci i terreni dove costruire le nostre opere. Certo, non abbiamo nessuna sicurezza: i terreni restano di proprietà degli Emiri, e un domani potrebbero anche toglierceli da un momento all’altro. Ma comunque all’interno delle nostre chiese e scuole possiamo svolgere la nostra missione».

Ma la situazione non è uguale in tutti i paesi della penisola arabica. Basti pensare al Regno saudita…
«Mi riferisco in particolare agli Emirati Arabi Uniti, all’Oman, al Bahrein, al Qatar. Devo dire però che in questi ultimi anni la situazione è cambiata».

È migliorata, vuole dire.
«In questi anni abbiamo potuto realizzare una graduale apertura di queste società verso il mondo cristiano e in particolare con la Santa Sede. Alcuni paesi, come il Kuwait, il Bahrein, lo Yemen, hanno relazioni diplomatiche con il Vaticano, ed anche altri paesi, pur non avendo rapporti ufficiali, mantengono buoni rapporti con la Chiesa cattolica. Da notare che ho sempre trovato una grande stima e una grande simpatia per il Santo Padre. Il presidente degli Emirati Arabi Uniti, per esempio, lo sceicco Zayed Bin Sultan più volte mi ha ripetuto: L’unico uomo al mondo che può parlare sinceramente di pace e di giustizia è il Papa, perché lui parla per tutti e non ha interessi personali».

L’Islam quindi presenta volti diversi.
«Indubbiamente il mondo musulmano presenta diverse facce. Per questo non c’è da meravigliarsi se ci sono anche degli aspetti di fanatismo o di integralismo, come del resto succede anche nel mondo cristiano. L’Islam che io conosco è indubbiamente un Islam aperto».

In questi giorni, dopo la tragedia americana, alcuni osservatori nazionali e internazionali parlano apertamente di «scontro di civiltà, tra Occidente e mondo musulmano». È fantapolitica o c’è del vero in questa previsione?
«È difficile dirlo. Certamente l’Islam sta diffondendosi rapidamente in tutto il mondo, compreso nel mondo cristiano».

A suo avviso, dietro c’è una strategia precisa?
«Sicuramente sì. Anche per questo è necessario trovare con i musulmani che vivono in Occidente una sincera cooperazione nel rispetto della propria fede. Come noi desideriamo avere nei paesi islamici i nostri luoghi di preghiera, così anche loro hanno diritto a veder soddisfatta la medesima esigenza».

È il principio di reciprocità di cui si parla spesso. Ma non sembra che i paesi occidentali amici per esempio dell’Arabia Saudita, si impegnino molto su questo fronte…
«La reciprocità certamente sarebbe l’ideale».

Questo è l’Islam che lei vive. Quale Chiesa vive invece?
«La nostra attività pastorale nel Vicariato apostolico d’Arabia è molto intensa. Non esistono cristiani originari della penisola arabica; i fedeli che abbiamo sono tutti stranieri provenienti da numerosissimi paesi che lavorano, magari anche da trent’anni, in questi paesi. Abbiamo comunità molto ferventi, che vivono sinpaesi. Abbiamo comunità molto ferventi, che vivono sinceramente la loro fede cristiana. In tutte le nostre parrocchie abbiamo gruppi giovanili, gruppi di preghiera, gruppi carismatici, alcune associazioni, come la “Legione di Maria” e “Coppie per Cristo”. La maggioranza assoluta dei bambini partecipano al catechismo, da 5 fino a 16 anni. Laddove non abbiamo chiese, il catechismo viene tenuto nelle famiglie. Una delle realtà più vivaci è la scuola: ne abbiamo diverse, con migliaia di alunni, molto apprezzate e frequentate in maggioranza da musulmani».
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Prato - Convegno Missionario: il tavolo dei festeggiatiUna testimonianza piena di realismo
DI LUANA BOGI

Convegno missionario a Prato, per affrontare un tema di grande importanza ed attualità proposto da persone, i missionari, che vivono ed operano nel contesto islamico e che hanno quindi acquisito una profonda conoscenza di questa realtà.
“L’Islam che io vivo, oltre un secolo di Missione nel Golfo Arabico” è stato infatti il titolo del convegno, che ha avuto per protagonisti Monsignor Bernardo Gremoli, Vicario Apostolico in Arabia, e Padre Angelo Fiumicelli, missionario nel Golfo Arabico.
Una testimonianza piena di realismo, ma anche di entusiasmo che è andata oltre l’esperienza umana, religiosa e culturale dei due protagonisti, per tracciare la storia della presenza della chiesa nel mondo arabo, iniziata a Gedda nella prima metà dell’Ottocento.
Un uditorio soprattutto interessato a comprendere qualcosa di questo difficile, e talvolta chiuso, mondo che pure ci circonda, per poi anche sconvolgerci ad opera delle sue frange più estreme.
Grazie all’indirizzo dato dai missionari, il dibattito si è sempre mantenuto in un ambito di amicizia e rispetto per il contesto umano nel quale essi si trovano a lavorare.
L’attività missionaria svolta in questo angolo di mondo si realizza come assistenza ai cattolici stranieri presenti nei vari stati, non essendo permessa alcuna attività di proselitismo nei confronti dei musulmani.
L’interesse per questa problematica è stato molto vivo ed ha appassionato i vari gruppi, provenienti da quasi tutta la Toscana: la Parrocchia SS. Trinità di Livorno; SS. Annunziata, Ascensione e Montughi di Firenze; Siena con i gruppi di Poggio al Vento, Monticano, Sovicille e Poggibonsi; Pistoia e diverse altre Parrocchie, nonché naturalmente il numeroso gruppo di Prato, che ha organizzato l’incontro.
Oltre che per la ricchezza dei contenuti spirituali e di animazione missionaria, l’incontro si è caratterizzato per la celebrazione di felicissime ricorrenze: il 25° di Episcopato e il 50° di sacerdozio di Monsignor Gremoli, il 50° di sacerdozio di P. Angelo Fiumicelli, di cui 48 trascorsi come missionario nella realtà araba, il 50° di P. Domenico Smarrini di Prato, di P. Michele Cafaggini di Pistoia e di P. Nevio Bigagli, da molti anni nell’eremo della Maddalena presso Montepulciano.
Ricorrenze importanti che hanno aiutato i convenuti a riflettere sul dono di tante vite spese al servizio della Chiesa e dei fratelli. I festeggiati sono apparsi persone molto diverse fra loro, ma accomunati dall’unico, grande spirito francescano.
Alla solenne concelebrazione eucaristica ha partecipato anche il Vescovo di Prato, Monsignor Gastone Simoni che, in un breve intervento finale, ha richiamato la lunga cara amicizia che lo lega a Monsignor Gremoli, non mancando di invocare una maggiore giustizia fra i popoli, come condizione di pace.
Non è mancata neppure la presenza di missionari che operano in Africa. Erano con noi infatti, P. Fabiano Cutini e P. Mario Maccarini, dal Tanzania. Del resto, l’Islam è molto diffuso anche in Africa, anche se nel continente nero, in genere, “la convivenza” non è così tormentata come nella Penisola Arabica.
Del resto il legame fra il Tanzania ed il Vescovo d’Arabia ha radici lontane. Fu infatti Monsignor Gremoli ad aprire la prima missione dei PP. Cappuccini in Tanzania e, quando era segretario delle missioni estere per la Toscana, fu ancora lui a lanciare l’idea, divenuta negli anni realtà, dei campi di lavoro in terra di Missione.
Festa grande quindi, non solo perché tale è ogni incontro in spirito di amicizia, ma perché arricchita dalla straordinaria presenza di tanti fratelli missionari.
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