I
MASAI
Un popolo misterioso
Ricerca
di Fr. Corrado sull’Enciclopedia “Popoli e nazioni d’Africa”
Parlare
dei Maasai qualche anno fa significava parlare di un popolo misterioso,
del quale ben poco si conosceva per quanto riguarda usi e costumi interni
alla tribù. Un popolo di pastori nomadi, alti, belli e orgogliosi,
dalle tradizioni guerriere. La maggior parte di loro abitano la fascia
di confine tra l’attuale Tanzania e il Kenya, in una quasi riserva
detta Steppa Maasai. Da qualche tempo abbiamo occasione di incontrarli
anche altrove, perfino nella zona prossima a Dar es Salaam, lungo la strada
che da Morogoro porta al Passo di Gairo, confine con la regione di Dodoma.
E addirittura abbiamo visitato alcuni villaggi nel Distretto di Kongwa,
dove è frequente vedere Maasai in bicicletta, oppure, miracolo,
dedicarsi alla coltivazione. Questi sono segni di apertura che, fino a
poco tempo fa, sembrava impossibile potessero realizzarsi. Segno di un
progresso positivo, che porterà vantaggio allo sviluppo del paese
tanzaniano e keniota.
Comunque nella regione dove vive la maggior parte degli appartenenti a
questa tribù, rimangono ancora vive e forti le tradizioni, come
il rifiuto dell’istruzione e della tecnologia portata dagli occidentali,
che altre tribù africane hanno accettato per migliorare la loro
qualità di vita. I Maasai fino a poco tempo fa, e al nord tuttora,
sono rimasti impassibili davanti alle innovazioni moderne. Tra loro vi
sono persone istruite, poche al momento, qualche laureato, sacerdoti e
religiosi, ma anche all’ombra delle moderne costruzioni di Dar es
Salaam e di Nairobi, essi continuano a celebrare i loro riti antichi e
a mantenere la tipica immutabile struttura sociale basata su fasce di
età.
Provenienti dalla zona dell’alto Nilo, per secoli hanno dominato
sugli altri popoli dell’Africa Orientale. Amavano la lancia e i
luccicanti coltelli stretti ai fianchi, schernivano zappa e vanga. Solo
il bestiame era il loro onore, di cui si sentivano e in parte tuttora
si sentono padroni, e quasi in dovere di arraffare quello che appartiene
ad altre tribù. L’orgoglio del giovane guerriero è
proteggere la mandria paterna e catturare più capi di bestiame
possibile dalle mandrie altrui. Presso questa tribù vi è
ferma convinzione che tutto il bestiame della terra appartenga loro.
La
vita dei Maasai è regolata dal corso delle stagioni: la stagione
delle piccole piogge, quella delle grandi piogge, quella delle piccole
piogge residue e quella della grande fame e della siccità. Anche
i nomi dei mesi sono determinati dal tempo e da quello che accade alle
mandrie. Per secoli essi hanno condiviso la steppa con i grandi branchi
di selvaggina e con ogni genere di animali selvatici, senza mai tentare
di distruggerli. Vivono nell’Enkang (accampamento semipermanente),
abitato da parecchie famiglie che pascolano le mandrie insieme. L’accampamento
è costruito sempre a distanza ragionevole da una sorgente o fonte
di acqua., le capanne sono all’incirca una ventina, costruite in
modo tale da proteggere l’ingresso dal forte vento che soffia nella
steppa, il tutto è circondato da cinta di rami e tronchi di piante
spinose per proteggere il loro bestiame dalle bestie feroci. Ogni accampamento
ha tante aperture di accesso quante sono le famiglie che lo compongono.
Questi ingressi e uscite hanno il nome dei capi famiglia e ai loro lati,
distribuite in circolo lungo la recinzione, ci sono le capanne delle mogli,
in quanto presso questa tribù vige la poligamia e il numero delle
mogli dipende innanzitutto dal numero di capi di bestiame che l’uomo
possiede. Al centro del recinto viene custodita la mandria, che ogni famiglia
marca a fuoco con incisioni distintive sulle orecchie, rendendola così
riconoscibile come gruppo di sua proprietà. L’accampamento
tradizionale è costituito da quattro-otto famiglie, comprendenti
dalle trenta alle sessanta persone; i capi di bestiame, bovini, ovini
e caprini, raggiungono il numero di seicento e anche oltre. I lavori di
manutenzione dell’accampamento vengono affidati a membri di altre
tribù, in cambio di latte o di animali . Spesso si notano incendi
nei pressi di queste installazioni, specialmente vicino all’acqua,
per tenere lontana la mosca tze tze. I guerrieri vivono in accampamenti
separati, chiamati “rnanyatta“, che ospitano fino a quaranta
capanne abitate da giovani uomini della stessa età, insieme alle
loro madri e alle ragazze. Il sistema sociale dei Maasai è basato
sui gruppi di età: é semplice e chiaro e permette ad ogni
individuo di sapere sempre quale sia la sua posizione nella comunità.
Il rispetto verso l’individuo aumenta con l’età.
Il cibo preferito dei Maasai è la carne di capra e pecora; le mucche
non sono macellate che raramente e solo per scopi sacrificali. Sono loro
proibite le carni di animali selvatici, eccettuata la gazzella. Come bevande
prediligono il latte, spesso accagliato e anche misto al sangue attinto
dalla giugulare dei buoi. Agli anziani è consentita anche altra
bevanda ricavata dal miele. Si nutrono anche di erbe, bacche e radici
selvatiche. Le vesti le ricavano dalle pelli degli animali, come pure
i calzari , le coperte, le corde e i contenitori; il letame serve per
impermealizzare le capanne. Solo in caso di necessità, quando il
latte è insufficiente a sostentarli, ricorrono ai prodotti agricoli,
soprattutto alla farina di mais, procurandola non con denaro, ma attraverso
scambi-merci… In questo settore le cose stanno cambiando: i Maasai
emigrati in altre zone sembra abbiano capito che non tutto della moderna
tecnologia è da demonizzare, che in bici si fa meno fatica, anche
attraverso steppa e savana, e soprattutto che, se si coltiva, si mangia
e ci si nutre meglio.q
|