Madre
Teresa, missionaria della carità
Non sono stata chiamata
per avere successo, ma per essere fedele
dall'intervista pubblicata sulla rivista
Medjugorie n.107
Lo
scorso 19 ottobre, Madre Teresa di Calcutta è stata proclamata
Beata. Ai nostri lettori la possibilità di cogliere alcuni aspetti
meno appariscenti ma fondamentali della sua personalità, dalle
parole di Padre Leo Maasburg, aiuto postulatore alla causa di beatificazione
e una delle persone che meglio l’hanno conosciuta.
Può dirci la differenza incontrata tra la prima esperienza fatta
con la Madre da viva ed ora… riscoprendola durante il cammino verso
la Beatificazione, alla luce delle sue virtù eroiche?
Far parte di quell’équipe di lavoro per la Beatificazione
della Madre mi ha dato la possibilità di vederla con occhi nuovi.
Avevo sempre pensato di conoscerla già: una persona molto in gamba,
buona e materna, talvolta un carro armato, una sorta di dittatore
benevolo; ma in quei mesi in cui abbiamo lavorato sulla sua causa è
emersa una profondità di santità a me totalmente sconosciuta.
Ho scoperto una nuova Madre Teresa e, se prima erano solo i miei occhi
ad osservarla, ora la vedevo attraverso quelli di centinaia di testimoni:
un po’ come puntare i fari su un oggetto nell’oscurità,
ma da vari lati. E lei è emersa con una bellezza di cui non mi
ero mai accorto!
Lei Padre ha avuto modo di partecipare anche alla fondazione di
nuove case in varie parti del mondo...
Si, Madre Teresa fondava case come i turisti visitano i luoghi prescelti.
In tre o quattro giorni la casa era pronta… Certo, preceduta da
vari preparativi. Per esempio, le case non venivano mai aperte senza l’espresso
invito del Vescovo, perché Madre Teresa era coscientissima che
il vescovo era il Pastore. Lei non chiedeva aiuti economici, ma la sua
benedizione. Poi voleva un Sacerdote a disposizione per le sorelle, perché
l’Eucarestia era la fonte di tutto il lavoro delle Missionarie della
carità. Quindi, gli occhi con cui ho riscoperto la Madre durante
questa causa, non sono più quelli del giovane che ammirava in lei
soprattutto l’attivismo, quanto piuttosto l’altro aspetto:
lo stare dinanzi al Santissimo ore e ore in silenzio, a conversare intimamente
con il Signore, e poi… lasciare che le cose succedessero, senza
mai forzarle.
Vedevo le decisioni che prendeva e l’energia con cui le realizzava
– il carro armato appunto – ma non mi rendevo conto
di quell’ascolto interiore: «Dio parla nel silenzio del
nostro cuore». È da lì che nasce l’attività.
Le chiedo ora di spiegarci alcuni aspetti della spiritualità
della Madre, alcune di quelle espressioni alla quali era particolarmente
legata, come “SITIO“ ad esempio.
L’espressione è la parola di Gesù (Gv. 19,28) HO
SETE, una delle sette parole di Gesù sulla croce, che
per madre Teresa divenne la chiave di lettura della sua spiritualità.
Non si capisce Madre Teresa se non si capisce questa parola. Da qui la
certezza che Gesù aveva per lei una vocazione particolare. Ho
sete d’amore e di anime. Queste sono le due attività
caratteristiche di Madre Teresa, che risalgono all’ispirazione che
lei ebbe il 10 Settembre 1946, sul treno per Darjeeling, che poi plasmò
tutta la sua vita. Tutte le sue attività vanno lette in questa
luce.
Nelle Costituzioni delle Missionarie della Carità si legge:
“Se davvero amate Gesù nell’Eucarestia, vi verrà
spontaneo trasformare quell’amore in azione“. Non è
possibile separare queste due cose: l’Eucarestia e il povero. Potrebbe
farci un esempio come la Madre viveva tutto questo?
Ricordo un episodio particolare e significativo. Madre Teresa aveva ricevuto
una laurea “honoris causa“ presso un’Università
del Centro dell’India e, tornando a Madras, era andata a visitare
due delle sue case. Era stata una giornata pesantissima: ressa di gente
che la circondava, discorsi a non finire e incontri con personalità,
e il caldo a 45°. Entrando intorno alle 23 in casa, mentre noi giovani
eravamo sfiniti, la Madre si diresse subito in Cappella e si inginocchiò
davanti al SS. Sacramento. Io l’accompagnai, ma intanto dicevo tra
me: «Mamma mia, che bisogno avrei di bere!» Ad un
tratto sentii dietro di me dei passetti leggeri e vidi una mano che poneva
un bicchiere d’acqua fresca proprio davanti a me. Per me quell’attenzione
fu esemplare: pensare che chi tornava era assetato, ma nello stesso tempo
mettersi davanti al SS. Sacramento. Ecco, qui si vede quel legame intimo,
totale, che esiste tra l’adorare Gesù nell’Eucarestia
e servire il povero… di qualunque tipo, anche un assetato. q
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