UN
PIANETA PIENO DI ARMI
Ogni
minuto una persona muore per violenza armata: mezzo milione all’anno.
Le armi leggere diffuse nel mondo sono 650 milioni e ogni anno se
ne aggiungono 8 milioni (fonte: Amnesty International e TransArms).
1.120 miliardi di dollari è stata nel 2005 la spesa militare
nel mondo (fonte: SIPRI, Istituto di ricerca sulla pace di Stoccolma),
con gli Stati Uniti a quota 507 miliardi (48% del totale) e l’Italia
settima con 827 milioni di dollari. |
Con un quarto della
cifra che viene usata per spese militari, scomparirebbe dalla terra la
morte per denutrizione e per malattie curabili, ma gli aiuti allo sviluppo
da parte dei Paesi ricchi rappresentano solo la quindicesima parte della
spesa militare. Così si uccide due volte: lasciando morire, pur
avendo la possibilità di impedirlo, e vendendo armi, in gran parte
destinate ad alimentare i conflitti più sanguinosi, proprio fra
e nei paesi più poveri.
IL COMMERCIO DELLE ARMI
Fra
il dire e il fare
7 dicembre 2006. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato
oggi con 153 voti a favore, quello contrario degli USA e 24 astensioni,
la stesura di un Trattato internazionale sul commercio delle armi, destinato
a impedire i trasferimenti di armi che alimenterebbero povertà
e gravi violazioni dei diritti umani. 19 marzo 2007. “Il Trattato
è, potenzialmente, il progresso più significativo in tema
di controlli sulle armi convenzionali degli ultimi 20 anni. Offre speranza
a milioni di persone che soffrono nelle zone di conflitto del mondo. Ma
se i 153 governi che lo hanno votato a dicembre non sosterranno una proposta
forte, non si riuscirà a salvare neanche una vita umana. Agli scettici
non dovrà essere consentito di annacquare il Trattato” –
ha affermato Anna Macdonald di Oxfam International. Questi due comunicati
stampa, emessi dalla Campagna Control Arms a tre mesi l’uno dall’altro,
dimostrano:
a) che c’è un grande fermento nella società
civile ed un grande attivismo di associazioni impegnate a lavorare per
la pace e il rispetto dei diritti, che sta facendo breccia nella sensibilità
dell’opinione pubblica e perfino nei palazzi della politica;
b) che è lunga e tortuosa la via per arrivare
a sottoscrivere importanti accordi internazionali, ma che è assai
più difficile ottenere il rispetto di tali accordi, che devono
essere recepiti dalle legislazioni dei singoli paesi;
c) che anche quando si arrivasse a tradurre in leggi
vincolanti per gli stati questi impegni, restano vie per aggirare le “regole”
e resta la pervicace volontà di chi ha interessi nel settore (produttori,
intermediari, trasportatori, finanziatori) a provarle tutte.
L’orgoglio nazionale
Roma, 6 aprile 2007. Le esportazioni italiane di armi nel 2006 “segnano
un preoccupante primato degli ultimi venti anni, una festa per l’industria
armiera nazionale e non pochi grattacapi per il Governo Prodi, che nel
suo programma si era impegnato a un controllo più stringente sulle
esportazioni di armi”: così la Rete Italiana Disarmo commenta
i dati, resi noti ieri, della Relazione della Presidenza del Consiglio
al Parlamento sull’export di armi per l’anno 2006. La Rete
sottolinea come le autorizzazioni all’esportazione di armamenti
superino i 2,1 miliardi di euro, con un’impennata del 61% rispetto
al 2005. (ANSA)
Le Banche armate
Nei confronti delle Banche italiane è in atto, da alcuni anni,
una forte pressione, giunta fino al boicottaggio. Le Banche si trovano
in grande imbarazzo, strette fra l’obbligo di coerenza con i proclamati
progetti di Responsabilità Sociale d’Impresa e… l’inarrestabile
tentazione del business. Roma, 6 aprile 2007. È ancora San Paolo-Imi
la regina delle “banche armate”. Nel 2006 sui conti dell’istituto
torinese sono transitati ben 446 milioni di euro per la compravendita
di armi. L’anno precedente erano 164 milioni. Preoccupa le associazioni
Banca Intesa, che passa da 163 mila a 46 milioni di euro. In classifica
si registra ancora uno volta la presenza della Banca Popolare di Milano
(17 milioni di euro, -50% dallo scorso anno), al centro di un dibattito
che coinvolge anche Banca Etica, di cui è socia fondatrice e per
la quale opera anche all’interno di Etica Sgr e della gestione fondi.
Scendono invece le autorizzazioni riferite a Banca di Roma (da 133 milioni
a 36). Nel resto della classifica troviamo i “soliti noti’’:
il gruppo Bnp-Paribas supera la quota massima dello scorso anno, attestandosi
sui 290 milioni di euro. Seguono poi Unicredit (in flessione del 15%),
la Banca nazionale del lavoro (+33%), Deutsche Bank (-14%), Banco di Brescia
(con +95%) e Commerz Bank (+85%). Queste banche si piazzano in una fascia
dai 74 agli 87 milioni di euro di transazioni. La Banca popolare italiana,
che passa da 14 a 60 milioni, guida il gruppo delle inseguitrici. (ASCA)
L’Africa e i paesi in via di sviluppo
Non vendete armi all’Africa! Appello di un funzionario delle Nazioni
Unite Dennis McNamara, esperto di profughi, ha sottolineato come la vendita
di armi potrebbe essere un problema più rilevante della povertà
o del debito. McNamara punta il dito sulla situazione dei profughi nel
continente africano che sono più di 12 milioni, sradicati dalle
loro terre e dalle loro case, e sono circa la metà del totale di
profughi di tutto il mondo. Il funzionario non si ferma e accusa l’Occidente
di rifornire di armi l’Africa alimentando i conflitti mentre le
compagnie sfruttano minerali e petrolio. “Le pistole sono il cuore
del problema - ha dichiarato il funzionario - e dobbiamo dire tutti a
gran voce: non vendete armi all’Africa! Non si tratta di un embargo
o di una sanzione ma una scelta volontaria che si deve fare. I bambini
per le strade di Nairobi, di Khartoum, di Abidjan e di Monrovia hanno
pistole in tasca e noi gliele abbiamo fornite”. (fonte:
Nigrizia)
MINE E CLUSTER
BOMBS:
Armi che vengono disseminate in grandi quantità durante i conflitti,
restano attive e micidiali per decenni dopo la fine delle ostilità.
Ne sono vittime soprattutto i civili, e fra questi i bambini.
Le mine, numeri e geografia
“Qui continuano a morire persone”, racconta preoccupato Simon
Brooks, membro della Croce Rossa Internazionale di Huambo, una delle regioni
centrali più a rischio dell’Angola. “Gli incidenti
legati alla presenza di mine aumentano con l’arrivo delle piogge,
che creano veri e propri pantani, cancellando strade e facendo riaffiorare
le mine. In questo modo chiunque può inavvertitamente passarci
sopra con la macchina e saltare in aria”. Di seguito numeri (no
comment) e “geografia” delle mine nel mondo (fonte:www.vigevano.it):
Mine anti-uomo inesplose 100.000
Persone mutilate o uccise ogni anno 15.000
Costo medio di una mina € 4
Costo medio per disattivarla varia dai 200 agli 800 €
Mine prodotte ogni anno 10.000.000
Paesi con mine anti-uomo 62
Maggiori Produttori Cina, Italia, Ex Unione Sovietica
Paesi più colpiti Cambogia, Afghanistan, Angola, Mozambico, ex
Yugoslavia, Sudan, Somalia, El Salvador, Kurdistan, Kuwait.
Le mine, accordi internazionali e realtà
Il Trattato di Ottawa, che prevede la messa al bando delle mine antiuomo,
è entrato in vigore l’1 marzo 1999. 122 stati lo hanno firmato
fin dall’origine, e a oggi lo hanno tutti ratificato con le sole
eccezioni di Polonia e Isole Marshall. Nel frattempo le adesioni sono
arrivate a 153. Mancano all’appello 40 stati, tra cui Cina, India,
Israele, Stati Uniti, Pakistan e la maggior parte degli stati mediorientali.
A otto anni da quella data, quattro stati continuano a utilizzare mine:
Birmania, Israele, Russia e Nepal; almeno 45 devono ancora bonificare
aree minate; più di dieci hanno milioni di mine stoccate. Malgrado
tutto questo, il Trattato di Ottawa viene giudicato, sia dalle diplomazie,
sia dalle associazioni della società civile più impegnate
su questo fronte, molto positivamente, per gli effetti concreti e psicologici
che ha prodotto a livello internazionale.
Le cluster bombs, cosa sono
Le cluster bombs, o bombe a grappolo, sono state utilizzate in quasi tutti
i conflitti della storia recente, dal Vietnam all’Afghanistan, passando
per l’Iraq, la Bosnia Erzegovina e, da ultimo, il Libano da parte
degli israeliani. Si calcola che negli ultimi 30 anni abbiano ucciso almeno
11mila civili. Proprio in Libano l’agenzia delle Nazioni Unite per
l’azione contro le mine, ha rilevato la presenza di circa un milione
di munizioni cluster inesplose, nella parte meridionale del Paese. La
portata micidiale delle cluster sta nel fatto che tali ordigni hanno un
duplice effetto: al momento dell’attacco, le piccole bombe si disperdono
su un ampio perimetro e non possono essere controllate. La maggior parte
di queste non esplode al momento dell’impatto e può uccidere
anni più tardi, funzionando nei fatti come delle vere e proprie
mine antiuomo.
Le cluster bombs, accordi internazionali e realtà
La Conferenza di Oslo sulle Cluster bombs, che si è tenuta nel
febbraio 2007, si è conclusa con una vittoria della società
civile: ben 46 dei 49 paesi partecipanti hanno infatti concordato una
dichiarazione d’intenti che li impegna entro il 2008 a concludere
un Trattato che proibisca “l’uso, la produzione, la vendita
e le scorte di cluster bombs che producono danni così inaccettabili
ai civili”. Contrari Polonia, Romania e Giappone, mentre Russia,
Stati Uniti e Cina - ma anche altri produttori come Israele, India e Pakistan
- non hanno nemmeno partecipato alla Conferenza. “Un risultato straordinario,
al di là di ogni nostra aspettativa” - ha dichiarato Steve
Goose della Cluster Munition Coalition. La Conferenza ha già stabilito
il calendario dei prossimi appuntamenti: Lima a maggio, Vienna a novembre
e Dublino all’inizio del 2008. Per quanto riguarda l’Italia
va ricordato che lo scorso novembre è stato presentato il disegno
di legge, firmato da 37 senatori e 120 deputati, per la messa al bando
delle cluster bombs. Il nostro è uno dei 57 paesi che hanno nei
propri arsenali munizioni cluster. (fonte: Unimondo)
Campagne
in corso contro le armi
È possibile aderire a ciascuna delle campagne indicate
di seguito, sottoscrivendo
on line:
L’impegno “contro le mine”
non si è esaurito con l’entrata in vigore del Trattato
di Ottawa: molto lavoro resta ancora da fare per eliminare le
mine terrestri dal pianeta, dallo sminamento alla messa al bando
delle “nuove mine”, le cluster-bombs.
Mettiamo al bando le bombe nucleari www.disarmo.org/rete/indices/index_1945.html
Il Trattato di Non-Proliferazione Nucleare, non mette al bando
gli ordigni, ma ne limita la proliferazione. La Campagna Globale
per la Messa al Bando delle Armi Nucleari sostiene invece la proposta,
presentata a Hiroshima dai Sindaci per la pace, di arrivare entro
il 2020 ad una totale abolizione delle armi nucleari.
Tesorerie disarmate
www.retelilliput.it/index.php?module=ContentExpress&func=display&ceid=43
Agire sugli enti locali per ottenere un ordine del giorno che
impegni le giunte a discutere la proposta della tesoreria ‘disarmata’
(cioè non affidata a banche che finanziano vendite di armi),
o comune disarmato. Tra gli strumenti già disponibili ci
sono le delibere e i bandi di gara d’appalto per le banche.
Info su Rete di Lilliput.
Obiezione alle spese militari
www.disarmo.org/rete/indices/index_1925.html
Dichiarare anche simbolicamente il rifiuto che versamenti delle
nostre tasse siano utilizzati in percentuale per acquisto di armi,
per cui nella dichiarazione di detrazione si può prevedere
un impegno di versare almeno un euro simbolico per i progetti
locali di pace. Per info varie. Disarmo Lombardia www.disarmolombardia.org
“Banche
armate” www.banchearmate.it
Promossa da tre riviste, Nigrizia, Mosaico di pace e Missione
Oggi, la campagna propone ai cittadini un controllo attivo sulle
operazioni di finanziamento e appoggio delle banche al commercio
delle armi.
Campagna a sostegno
dell’Agenzia regionale lombarda per la riconversione dell’industria
bellica. La raccolta firme propone una “nuova”
legge regionale di iniziativa popolare sulla riconversione. Dura
sei mesi e si conclude il 17 settembre. Campagna Italiana contro
le mine www.campagnamine.org
Control Arms
www.disarmo.org
Una foto-petizione internazionale con cui chiedere alla Conferenza
dell’Onu nel 2006 un trattato internazionale sul commercio
di armi e un maggior controllo delle esportazione di armi, in
particolar modo quelle leggere che causano 500.000 vittime ogni
anno, e per le quali l’Italia rappresenta il secondo paese
esportatore al mondo.
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