Le stranezze della Vocazione Missionaria
Con il passare dei giorni di quest’anno giubilare gli aspetti salienti della fede e della vita della Chiesa sono riportati in primo piano e offerti alla riflessione del popolo di Dio, così che alla luce dello Spirito e purificati dalle scorie del tempo, risplendano della purezza della loro origine evangelica. Ad ottobre arriverà anche la Giornata Missionaria Mondiale Ad Gentes, quella dell’Anno Giubilare. Giovanni Paolo II, così sensibile a questo aspetto della vita della Chiesa, è già da tempo intervenuto offrendo ai cristiani il contributo della sua parola con spunti, temi per la riflessione. L’eco delle parole di Gesù, pronunciate pochi istanti prima della sua salita al cielo sull’altura dell’Ascensione, risuona ancora vivo nella coscienza della Chiesa: «Andate in tutto il mondo, annunziate il vangelo ad ogni creatura, chi crederà e sarà battezzato sarà salvo!» Sono parole che per due millenni hanno spinto uomini e donne a dedicare la propria vita a questo servizio. Sono loro, i missionari, che sulla parola di Gesù hanno lasciato casa ed averi, fratelli e sorelle e le altre tante piccole cose, che fanno contorno alla vita, per offrire la possibilità a uomini e donne di incontrarsi con la luce di Cristo. È questo il comando, che ha arricchito la storia della Chiesa di pagine indimenticabili di fraternità, di sacrificio, di abnegazione e di sangue. È, infine, la storia del piccolo pugno di lievito, che col pane spande sapore e forza a quanti si cibano di lui. Il Papa ci ricorda che il missionario è un cristiano di razza speciale: speciale è la vocazione. Speciale è l’uomo o la donna, che si formano sospinti da questa missione. Ogni volta che ci fermiamo e cerchiamo di rivivere dentro di noi quei brevi istanti in cui Gesù affida il mandato della missione, esso ci appare come destinato a cadere nel vuoto. È questo un tempo carico di tensioni; i capovolgimenti intorno alla figura di Gesù sono stati repentini e contraddittori. Forza e debolezza, vittoria e sconfitta sconcertano gli apostoli impedendo loro di afferrare il senso di quello che sta accadendo. La sua stessa persona acquista un colore incerto e inquietante. Hanno paura di tutto, anche di lui. Certo che, un comando così immediato e di proporzioni così vaste, deve aver prodotto un effetto simile a quello suscitato quando Gesù chiese loro di sfamare cinquemila persone in mezzo ad un deserto senza un soldo in tasca con qualche pagnotta e due pesci a portata di mano. Ma ora all’Ascensione il tempo delle spiegazioni è finito. Dopo qualche istante Gesù infatti scompare per sempre dai loro occhi. Rimane l’eco di quelle parole, avvolte dalla nebbia del dubbio, come allora che, imbarazzati e sconcertati, cominciarono a distribuire quei pani e quei pesci. Si legge nelle parole del messaggio del Papa la preoccupazione, che l’animo confuso e le paure degli apostoli si siano riaffacciati nuovamente nei discepoli degli anni duemila. La messe è ancora abbondante, i mezzi e gli operai sembrano assottigliarsi. Le contraddizioni emerse dal passato, le deduzioni tratte dal tempo presente con i bisogni attuali rinfocolano i dubbi riaccendendo le perplessità. Ma tutto ciò lo troverete difficilmente in un missionario. Al contrario egli sorride ingenuo e distratto, non capisce o non gli importa il come e il perché. Il suo mondo è proteso in avanti. La sua missione è tutto quello che vede. Anche Giovanni Paolo II ripete con insistenza di non avere paura: l’andare per il mondo e la semina della Parola non sono il frutto di eccedenze da svendere, sono l’anima stessa e la forza della fede. Bisogna andare, sempre andare. Paolo, quando è profondamente addolorato dalle brutte notizie che giungono dalle comunità, che il suo andare aveva generato, è preso da una sorta di febbre. Diviene come insensibile e sordo a tutti gli ostacoli. È spinto sempre verso nuove mete, arrivando a sognarle perfino di notte. Guai a me se non predicassi il Vangelo! Da S. Paolo in poi questa inquietudine si riaffaccia di missionario in missionario. È una fissazione, che travolge tutto ciò che possa essere considerato buon senso, saggezza o evidenza. La comodità è noia, la quiete è inedia, la salute paura, il riposo vecchiaia. Ha mille interessi, ha mille faccende da fare, che più di chiarire sembrano oscurare la luce di Cristo. Le nostalgie, il mal di non so di dove, le abitudini e le fisime non danno mai pace. Mi direte che non sono che ingenue pazzie, sfasature dovute al tempo e ai paesi lontani. Siamo tutti d’accordo. Lo era anche Paolo che si gloriava delle sue fissazioni e debolezze, proprio perché servivano alla forza di Cristo. A lode di Dio.
fr. Francesco Borri Missionario in Tanzania e nella Custodia di Arabia
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