Avere un cuore grande
Sono molte le domande che ci poniamo in questo momento così drammatico che sta vivendo questa nostra terra, domande che vengono rivolte soprattutto a noi sacerdoti e religiosi da molti amici e fratelli di fede. Perplessità su quanto sta avvenendo nell’Africa mediterranea e sembra che oggi ne facciamo le spese noi italiani. Ci si domanda quanto sia giusto essere rimasti da soli a portare il peso di questa migrazione, e perchè non vengono prese delle decisioni a livello europeo e internazionale. Talvolta sentiamo anche affermazioni dure e severe nei confronti di questi numerosi fratelli che fuggono da situazioni di schiavitù, persecuzione e morte. Ho l’impressione che rischiamo di seccare nel nostro cuore le fonti della compassione e dell’accoglienza. Il timore di dover aprire le porte a chi deve fuggire e approda alle nostre sponde, è comprensibile, ma non è segno di responsabilità umana e cristiana. Voglio sottolineare alcuni brani del messaggio che Mons. Francesco Montenegro, vescovo di Agrigento, ha inviato agli abitanti di Lampedusa: “Dico a voi tutti, grazie perché il vostro cuore continua a rimanere aperto a gente che vuole vivere, perché ancora una volta testimoniate che riuscite a non farvi imprigionare dalla paura. Immagino che cosa significhi sentirsi soli, abbandonati e investiti da parole e da promesse a cui è sempre più difficile credere. Continuate a pagare – e non è giusto – quanto non si riesce a decidere nei palazzi di chi amministra la cosa pubblica. Non si possono tener gli occhi chiusi o fingere che la sola forza (il divieto) possa sortire l’effetto desiderato. I problemi dell’Africa sono problemi di tutti, così i problemi di Lampedusa e Linosa non sono solo vostri, ma di tutti. Di là c’è gente che vuole vivere, vuole mangiare, vuole riconosciuta la dignità, se in quei paesi siamo arrivati a questo punto, può anche darsi che ci sia la responsabilità di chi si è preoccupato di colonizzare e creare rapporti vantaggiosi per noi, che siamo da questa parte…”. Il Vescovo poi continua facendo appello alla fede di ciascuno, che richiede atteggiamenti coerenti con ciò che crediamo. Chiede solidarietà, anche se questa comporta rischi e rinunce. Chiede giustizia, ma insiste anche sul fatto che come cristiani dobbiamo rendere il nostro cuore accogliente. È il Signore che ora bussa alle nostre porte e ci fa toccare con mano le miserie del terzo mondo, per le quali tante volte abbiamo pregato. Ma pregato a distanza, senza una viva partecipazione ai problemi di questo mondo, problemi per sentito dire, raccontati da chi andava in missione. Adesso è il nostro territorio ad essere coinvolto e interessato da una missione che passa attraverso l’accoglienza di donne, uomini e bambini; attraverso il dialogo, l’integrazione, la capacità di riconoscerli nostri fratelli. Il Vescovo conclude il suo lungo e toccante messaggio con queste parole “Che Lampedusa e Linosa diventino faro di civiltà, porta e luogo d’incontro e d’amicizia, spazio dove Dio e l’uomo possano ritrovare la gioia della passeggiata pomeridiana. Le vostre sono piccole isole, ma il vostro cuore sia grande, come quello di Cristo, grande come il mondo, e una nuova alba spunterà.
fra Corrado Trivelli
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