Camminare sulla via della sofferenza
Un amico collaboratore, in una sua visita fattami in ospedale, mi ha suggerito di scrivere l’editoriale di questo numero della rivista dal mio “banco di prova”, il banco più difficile, dove si scoprono tutte le nostre carte, dove tutto quello che abbiamo sperimentato, recepito, trasmesso viene a galla: la fede in Dio, l’abbandono incondizionato nelle sue mani... Ero un po’ confuso al momento perché molto provato dalla lunga degenza, ma gli ho obbedito! Vi confesso che non avrei mai pensato di scrivere un editoriale da una sede come questa, cioè da un letto di ospedale dove sto imparando, attraverso la dura sofferenza fisica di molti qui accanto a me, e anche, in parte, della mia sofferenza, il significato profondo di quelle meravigliose parole di Giovanni Paolo II contenute nella lettera apostolica Salvifici Doloris inviata ai vescovi, ai sacerdoti, alle famiglie religiose ed ai fedeli della chiesa cattolica, sul senso cristiano della sofferenza umana. In pratica mi è stato fatto dono di vivere la mia malattia alla luce della morte e resurrezione di Cristo; per cui ho cercato di porre in disparte i progetti che avevo in mente, ma soprattutto porli nelle mani del Signore. Ho compreso che la malattia non opera come evento negativo, ma come una visita di Dio, come un’occasione per sprigionare sempre più amore, per far nascere opere d’amore verso il prossimo, soprattutto verso quel prossimo per il quale sono stato chiamato a prestare questo servizio: “il prossimo in Missione”. Spesso dolore e sofferenza sono inconcepibili alla nostra ragione. È questo il nostro limite, che alla fine si illumina e chiarisce in Gesù nostro Salvatore, che svela alla nostra povera persona la propria vera identità ed esistenza. Concludo riportando alcuni flash dell’Enciclica di Giovanni Paolo II già citata: “Quando Dio permette la nostra sofferenza a causa della malattia, della solitudine, dell’avanzata età o per altre ragioni connesse alla rinuncia di qualche attività o ambito servizio, ci dà sempre la grazia e la forza, perché ci uniamo con più amore al Suo sacrificio e partecipiamo con più intensità e donazione al Suo progetto salvifico.” Sono rientrato già da qualche settimana al mio Convento di Prato, pronto a riprendere il lavoro alla Segreteria delle Missioni. Questa è stata la mia esperienza. Grazie a tutti voi che mi avete aiutato, con amore, a viverla e a sostenerla.
fra Corrado Trivelli
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