Missione è dare e ricevere
In occasione delle Festività Natalizie alcune comunità conventuali e parrocchiali sono state arricchite di nuove presenze di Frati Cappuccini, venuti provvidenzialmente tra noi per collaborare nel servizio pastorale e liturgico. Sono confratelli venuti dalle regioni missionarie, dove ormai l’Ordine è fondato, cresciuto e abbondante di vocazioni. Questo traguardo raggiunto indica che la missione quando è autentica, bene impostata, non è solo un dare ma anche un ricevere. In terra africana le nuove chiese, nonostante i grandi bisogni di evangelizzazione all’interno, stanno aprendosi alla Missione “ad Gentes“, prendendo coscienza che non si devono soltanto ricevere missionari, ma donarli. Per cui accanto all’annuncio diretto e alla promozione umana, i frati cappuccini in Africa stanno scoprendo il servizio dell’animazione vocazionale missionaria, vivendo all’interno di Chiese locali in crescita, registrando già chiamate alla missionarietà sia dal settore religioso femminile che maschile. Ecco perché piace ribadire il concetto che la missione è dare e ricevere. Le chiese di fondazione recente sono vive e dinamiche; nonostante le difficoltà che incontrano nel loro territorio esse ci offrono un grande dono: annunciano alle nostre Chiese di antica tradizione una rinnovata giovinezza del vangelo. Il dono più bello, come ha affermato Papa Benedetto XVI, che possiamo condividere con l’umanità. Oggi la presenza di questi giovani sacerdoti e religiosi non deve essere interpretata come un’urgente copertura dei nostri vuoti vocazionali, ma come l’annuncio piuttosto che la missione non è più a senso unico: da alcune Chiese di antica fondazione e più ricche di mezzi, verso Chiese nuove non ancora organizzate e prive di mezzi. Oggi tutte le comunità ecclesiali sono chiamate ad essere missionarie. È la missione rivolta a tutto il mondo dall’intera cristianità. In questo quadro amo ricordare l’esempio di alcune diocesi del Tanzania: nonostante non abbondino di vocazioni sacerdotali, hanno inviato missionari in Brasile, in Zanzibar e in Mozambico. Così pure in Nigeria, dove i nostri giovani confratelli, nati dai nostri missionari toscani, ora si dedicano all’evangelizzazione nei loro territori, così come nelle isole della laguna di Lagos. Ho creduto sottolineare questi fatti, poiché poco se ne parla anche da parte degli organismi di informazione missionaria e per niente da parte dei grandi mezzi di comunicazione, ai quali interessano solo i grandi drammi e le tragedie che affliggono i popoli in via di sviluppo, e sempre solo per pochi giorni, quel tanto che serve a far cassa. La nostra informazione non deve occuparsi solo delle tragedie, ma deve dare ampio spazio alle iniziative e alla vita della comunità nascenti e ai fatti positivi del mondo missionario, anche se questo fa meno notizia.
fra Corrado Trivelli
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