Natale: la grande festa della benevolenza
Da piccolo frate che sono, e sono lieto di esserlo, voglio a Natale parlare in grande. Perciò scrivo una lettera al vasto mondo dei nostri lettori, perchè anch’io, come Thomas Merton, quello della “Montagna delle sette balze“, ho appreso di essere nato a Betleem. Nel Presepio comincia la salvezza di tutti. Senza il Natale non ci sarebbe nemmeno la Pasqua. Senza quel piccolo corpo, già votato alla crocifissione e all’effusione del sangue, non si dà la Redenzione. Il legno della mangiatoia è tagliato da quello stesso albero per le braccia della croce. La Chiesa di Roma, nella prima metà del IV secolo, quando si incominciò a celebrare il Natale in occidente, così annunciava la nascita del Salvatore: Natale del Signore: nostra Pasqua. Ecco perché il Natale del Signore non può essere sotterrato dai regali che ricambiano e ripagano regali. Non può essere affogato in fiumi di spumante, non può essere festeggiato nel frastuono pagano dei cenoni. Natale ha bisogno della stalla, della paglia, del buio dei poveri che erano più poveri. Ha bisogno della croce per essere Natale. Senza l’umanità, Cristo è solo un Dio e solo un Dio non basta all’uomo. A Pasqua, Cristo Risorto fa fatica a farsi riconoscere, durano fatica anche gli occhi innamorati della Maddalena. A Natale, sulla mangiatoia, la strada del Mistero è aperta e invitante dagli occhi semichiusi di un bambino, un bambino come me, come te. “da quelle piccole mani si apre la benedizione verso il cielo, verso la campagna. attorno le tenebre gremite di voci, preghiere di angeli e di uomini da salvare. Gli angeli sono dei più belli, gli uomini invitati per primi sono della classe sociale più bassa, ma tutti i nomi sono già scritti non sul registro del censimento dell’impero, ma sulla cambiale della primavera, di lì a trentatre anni, a cominciare da quell’ora che era notte fonda, ma colma di luce e di sole promesso: l’alba della resurrezione.“ (Sermone di S. Benedetto) Il bambino Gesù è tutto in tutti. È nella sua e nostra Madre celeste, è nella paglia arida e angolosa, è nei belati di greggi vegliati e svegliati per il primo annuncio di gioia: il primo Vangelo. E Maria, dopo aver dato alla luce suo figlio e averlo fasciato, nel metterlo a giacere sulla greppia, lo mette nel cuore del mondo, seguitando a stringerlo, come dono di vita, nel proprio. Natale prima di essere Natale per gli uomini di buona volontà, è Natale della benevolenza di Dio che incontra la malevolenza degli uomini, a rischio di peccato e quindi di morte. Ma sulla nostra morte vince la sua vita, sul peccato di tutti, la sua pace per la faccia di tutta la terra. Il vessillo del Re sceso dalle stelle, dice S. Ignazio di Loyola, è povertà, umiliazione, umiltà. Al di là delle passeggere emozioni, davanti a questa proposta, il mio cuore si apre e Gesù che viene e cerca prima di tutto i piccoli, con la promessa di ripartire dagli ultimi, dai più deboli come me. Mi piace pensare che nella stalla di Betleem, Giuseppe sia entrato precedendo Maria, ma questa volta senza bussare, perché già aperta. Come ogni nascita il Natale, per non spaventare, propone solo l’inizio del mestiere di vivere. Dio si è fatto bambino, perché i bambini non fanno paura a nessuno. Offro questa semplice riflessione come dono natalizio, tratta da una pagina del mio Diario... aff.mo
fra Corrado
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