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Dicembre 2015
Un bambino ci è stato donato
Anche quest’anno, è arrivato il tempo degli Auguri che siamo soliti scambiarci alla fine dell’anno. Quando la natura sembra fermarsi e il freddo e la pioggia ci spingono a stringersi al riparo, sentiamo il bisogno di celebrare e brindare alla nostra vita e a quella di tutti coloro con cui la condividiamo. È vero; le ritualità sono tante e svariate; ce ne sono di vecchie e di nuove, di sante e dissacranti. Il Cristianesimo, quando sostituì al Sole, autore della vita, con la nascita di Gesù, il Figlio di Dio, ci indicava che la festa della vita si festeggia in Dio, Lui il Vivente, l’autore della vita, che da Lui deriva e sussiste. Non so se ti sei mai concentrato su tuo figlio quando era piccolo, scrutandone la profondità degli occhi o ammirando la limpidezza del suo sorriso. O quante volte ti sei commosso per l’abbandono con cui ti si è affidato o come ti sei angustiato quando la tua presenza non era capace di dargli pace. Lo senti tuo, ma mai saresti stato in grado con il tuo potere di fare qualche cosa di simile. Ti sei accorto come la sua presenza ti esalti, rafforzi il tuo impegno e la tua dedizione, fino a che tu stesso ne sei rinnovato. È così che il Natale che da festa del Bambino Gesù, di Dio, diviene anche la festa della vita, un inno di grazie e la preghiera, che la nostra rimanga sempre sotto l’ombra delle ali di Dio. Questo è il nostro Augurio. Che questo Bambino fecondi il tuo cuore, entri nella tua casa, sostenga coloro che ami e che ti sono vicino e il tuo lavoro. E ti porti pace e gioia per l’anno nuovo che entra.
P.Francesco Borri
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Un tuffo nel passato…
http://www.ecodellemissioni.it/index.old.php
auguri di buon Natale a tutti
Alberto
Carissimi,
in questi giorni sto facendo le pulizie di Natale e mi sono imbattuto nelle copie digitali del vecchio sito...
Lo rimetto on-line per coloro che, come me, hanno un po' di nostalgia degli anni passati.
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Ottobre 2015
Volare in alto
Sono ormai diversi giorni che provo a pensare sul senso della massa di esseri umani che preme numerosa alle frontiera dell’Europa. Ma ogni qualvolta tiro delle conclusioni, succede sempre qualche cosa, che mi obbliga a rimescolare le carte. In una espressione di meraviglia, Samantha Cristoforetti, ammirando la terra dalla stazione spaziale, sottolineava come da lassù non si vedessero né i confini né le barriere con cui dobbiamo misurarci ogni giorno. Il globo appare splendente e compatto anche se composto dai molti e svariati elementi e creature viventi. È una unità fatta di diversità, che si amalgama e dove ogni cosa trova i limiti e confini con armonia. Ogni volta che un equilibrio si rompe, una serie di eventi scompaginano e ricompongono le diversità in nuovi equilibri. È questo il sistema con cui la terra si rinnova e mantiene la sua giovinezza. Che non sia così anche per il genere umano? Viviamo in una società dove i mezzi di comunicazione interconnettono simultaneamente ogni angolo del globo. Scienza e tecnologia hanno concesso agli uomini il potere di sbarazzarsi della maggior parte delle sudditanze ostili e incrementare i beni e i ritmi della natura. Ne è seguita una moltiplicazione di relazioni umane, che gli uomini però non hanno imparato a gestire nell’equilibrio. Chi ne soffre è stanco e non accetta più i limiti, i confini né leggi vigenti. Esige anche per sé quello che la terra possiede. “Non sottovalutare la forza degli stupidi quando sono radunati in grandi masse” dice il messaggio stampato in una maglietta del Tanzania. Bisogna allora salire ancora più in alto, come la Cristoforetti, e far scomparire i confini attuali, che non hanno più l’equilibrio né l'armonia necessari e disegnarne di più giusti ed attuali.
P.Francesco Borri
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Giugno 2015
Momenti preziosi
L'orario del nostro convento ci concede un’ora preziosa alla fine di ogni giornata, quando noi frati sostiamo con pochi fedeli nel silenzio della nostra chiesetta, mormorando le melodie dei vespri e fissando lo sguardo dentro l’aureola dorata che contiene il Pane consacrato. È un’opportunità, è un dono che fa’ riposare il cuore e la mente dopo la giornata trascorsa. È come rivisitarne i fatti e le emozioni, rileggendole alla luce della presenza di Gesù, che credi presente in quel piccolo cerchio di pane. Una gioia, una preoccupazione, un rapporto difficile, l’orgoglio colpito, una stupidaggine fatta escono dal cuore si inseriscono in una arena più grande della tua, che si allarga fino ad arrivare al cuore di Dio. Qui avverti che il tuo spazio interiore si popola di persone e di eventi che vanno oltre i confini del tuo mondo e della tua persona. Non hai paura, non puoi mentirti né ingannarti, come non puoi né mentire o ingannare. Desideri che tutti siano parte con te della tua gioia ma anche della tua sofferenza. Non c’è lì chi voglia rubarti qualcosa o che tu debba rubare qualcosa. Puoi vedere e anche gustare quello che in te c’è di bello e di sano, e quanto sia fragile ogni volta che hai l’occasione di metterlo in gioco e di condividerlo. È Dio che ti si affaccia dentro di te. Riempie il tuo cuore della sua grandezza, esalta e arricchisce la tua povertà. Si realizza con poche parole del Vangelo, un ricordo, un evento, che attraversano la mente come una stella cadente nel buio della notte e lasciano dentro di te una traccia di luce. Sono le sembianze di un fratello o di una sorella, che qui non sembrano così dure e contrarie come le vedi quando sei lontano da Dio. Succede anche che, se non riesci ad uscire da te e dirigerti verso il cuore di Dio, allora vai nervosamente a tentoni col rischio di creati un dio a tua immagine oppure ripieghi nel solito libro che ti guida a pensare e a studiare le cose di Dio. Ma non è come sentire il parlare di Dio. E ti senti come Tommaso, ti rammarichi. Pretenderesti che quel pane consacrato, il segno della sua presenza, dovrebbe dare maggior soddisfazione anche alla realtà dei tuoi sensi. Una volta a me è successo che una stella cadente ha tracciato un solco di luce nell’anima e ha detto che il volto di Cristo, quello che si può vedere con gli occhi del corpo, si vede nascosto e confuso in ogni volto di chi ha bisogno anche di un solo goccio di acqua.
P.Francesco Borri
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Marzo 2015
La redazione augura a tutti una Buona e Santa Pasqua
Grazie Padre Piero... Nello sconfinato mare delle notizie, la nostra preoccupazione è quella di carpirne il maggior numero. Ne facciamo una questione di “quantità”, abbiamo perso la capacità di analizzarle, di selezionarle secondo l’importanza, con il risultato che, a fine settimana o alla fine del giorno, non ce ne ricordiamo neanche una; proprio come le onde del mare, quando sono passate sono tutte uguali, nessuna che lasci un segno! A rompere la “monotonia della superficialità”, ogni tre mesi, all’uscita di questa rivista, arrivava “Accade nel mondo”, la rubrica di Padre Pero Vivoli, che affondava la riflessione su un solo argomento: la profondità al posto della superficialità, la qualità contro la quantità. Una scelta di grande valore pedagogico! Dopo aver letto quella paginetta non si poteva fare a meno di chiedersi come mai, quella cosa lì che pure sapevamo, non avesse suscitato in noi l’attenzione, la riflessione che avrebbe meritato: la sua profondità ci metteva di fronte alla nostra superficialità! Sentite l’attacco del suo articolo dell’ottobre 2013: “Quando alle 17 di oggi, 7 ottobre, ho cominciato a scrivere ciò che state leggendo, i corpi ritrovati a Lampedusa, a seguito del tragico naufragio di uno dei tanti barconi della disperazione, sono 211. La notizia, invece, che tanto ha scosso le istituzioni e il sentire comune, su alcuni giornali online è già scivolata in 22° posizione, dopo il solito scontro Pd - Pdl... E pensare che sono passati appena 3 o 4 giorni!” Con lo scorso numero della rivista, l’ultimo del 2014, Padre Piero si è accomiatato dai suoi lettori. Potremmo scorrere tutte le riviste uscite durante questi 15 anni di collaborazione e troveremmo che, ogni volta, l’autore ha colpito nel segno: per il tema scelto, per come lo ha “raccontato”, si trattasse di un fatto di cronaca, di una riflessione filosofica o di un fenomeno di costume. Padre Piero ci ha insegnato che niente succede per caso, niente è banale: un orologio da parete per noi serve solo a indicare l’ora; per lui – e per tutti quelli disposti ad imparare la lezione - “scandisce il procedere inesorabile del tempo, memoria di una storia che si va costruendo, di un futuro che si consuma, di un presente fugace... memoria di un conflitto, tipicamente contemporaneo, tra continuità e frammentazione” (ottobre 2011). Grazie Piero, ci hai lasciati nella frammentazione... ti aspettiamo per la continuità!
La redazione
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Dicembre 2014
E se il Natale fosse una festa Missionaria?
BUON NATALE!!!… e... cioè?... Non so quanti cristiani di oggi saprebbero dare una risposta che possa far capire l’importanza di questo augurio ed il mistero della nostra fede che esso racchiude. È impensabile che il significato del Natale sia quello che nei nostri anni e ancor più nei nostri giorni stiamo vivendo! Forse potrebbero parlare con tenerezza che Dio si è fatto uomo, che è nato in una stalla e tante altre cosa simili che ci riportano al fatto così come è avvenuto duemila anni fa. Ma la storia della salvezza non è una realtà che ci fa rivivere episodi del passato, è una realtà che si rende attuale e viva nel corso dei secoli, oggi, nel nostro presente, nella vita di ogni uomo. Ci può essere un’idea nuova del Natale che non è molto popolare e forse non è sentita e proclamata neppure un po’ più in alto. Il Natale di fatto celebra un evento completamente nuovo nel mondo: Dio entra nel mondo per salvare il mondo. È Gesù che nascendo nel nostro mondo da’ inizio ad una nuova missione: la salvezza per tutti. E se il Natale fosse una festa missionaria ? Per scoprirlo è indispensabile aver chiaro chi è il missionario. La risposta non è difficile: il missionario è colui che Dio chiama ed invia ad annunciare agli uomini il suo amore di Padre, la sua volontà di salvezza per tutti gli uomini. A questo punto per poter capire e riflettere ancora dobbiamo fare subito un po’ di lavaggio al nostro cervello nel quale si annida un’idea non proprio giusta e vera: Il missionario non è colui che Dio ha scelto tra il suo popolo e ha inviato in terre lontane per portare il Vangelo di salvezza a chi ancora non lo conosce, idea vera, ma oggi molto limitante, “Il Missionario" è Gesù e il suo Natale celebra il momento del grande evento della Missione, perché è il giorno in cui il primo missionario viene inviato nel mondo dal Padre, autore della missione di salvezza per tutti gli uomini. Gesù è missionario anche come vorremmo noi: nei suoi primi trent’anni si è mescolato con gli uomini; ha vissuto la loro vita ed ha fatto le loro esperienze; si è preparato con la Bibbia alla mano letta ogni sabato nella Sinagoga e finalmente il suo annuncio esplosivo: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio. Buon Natale, fratello, che Gesù, l’inviato del Padre nasca anche nel tuo cuore e scombussoli la tua vita e ti spinga ad essere oggi nel tuo piccolo grande mondo missionario d’amore e di salvezza.
P. Flavio Evangelisti
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Adozioni Ottobre 2014
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Ottobre 2014
La lezione di Giobbe
Anche quest'anno durante la breve interruzione dal tran tran annuale sono partito con il libro di un amico nella borsa: quello del santo, paziente ma altrettanto sfortunato Giobbe della Bibbia. È un amico che sto imparando a conoscere. Quando desidero scendere nel mio intimo e voglio guardare i tracciati della mia vita, Giobbe è quell'amico ruvido e schietto, che aiuta ad illuminare il dentro e rintracciare i sentieri maestri della vita. Prima, Giobbe, lo ignoravo perché pensavo che parlasse di cose con cui non avrei voluto aver nulla a che fare. Ha cominciato ad essermi amico quando mi sono reso conto che difficilmente avrei realizzato quello che avevo sognato di me o che gli altri si sarebbero aspettati da me. Giobbe non è come Abramo, o l'israelita pio né tantomeno il cristiano che ci aspetteremmo. È un uomo che, privato di tutto quello che aveva, è costretto a ricostruire ricostruirsi nonostante la sua povertà materiale e lo sconforto interiore. Si pone al di fuori delle fedi tradizionali dei suoi tempi e delle loro saggezze. Rifiuta i luoghi comuni, diffida della sapienza fine a se stessa. Giobbe cerca il vero volto di Dio, cercando prima di tutto la verità su se stesso, le sue possibilità senza illusioni. Il suo libro è una nota stonata che scombina le certezze assodate fino a camminare pericolosamente sull'orlo del baratro della bestemmia. I critici dicono che la redazione del suo libro è la più oscura e travagliata di tutta Bibbia. È come se, attraverso il corso del tempo, generazioni siano state chiamate ad aggiungere il proprio contributo alla interminabile esperienza di bene e di male, di gioia e dolore, in cui la vita umana nasce, cresce e si rinnova nei secoli. Con gli anni che passano ciascuno di noi trascrive come in un libro le guide della sua vita. Chiunque non scrive il suo libro nella verità nuda e cruda di Giobbe corre il rischio di dover rinnegare quello che ha scritto. E chiunque nella vita non incontra Dio, che completa il libro con lui, difficilmente arriverà a finirne l'ultima pagina contento di sé.
P. Francesco Borri
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Giugno 2014
Allenati dallo Spirito Paraclito
Avevo letto, tempo fa, che una buona parola per tradurre in lingua parlata il termine Paraclito, riferito allo Spirito Santo, fosse Allenatore; sì, proprio allenatore, come quello delle squadre di calcio! Solamente dopo la splendida finale della Coppa dei Campioni ho osato infilarlo nell’omelia di una di queste domeniche vicine alla Pentecoste. È vero: ero rimasto estasiato dalla velocissima fluidità delle squadre in campo e dall’agonismo portato all’estremo, dagli scambi veloci e precisi come fossero comandati da un unica mente. È normale quando c’è un allenatore. È lui che sceglie i giocatori, ne studia le doti fisiche e personali facendole emergere, ne corregge gli errori e le amalgama con quelle degli altri compagni di squadra, creando una strategia di gioco e un ruolo per tutti. Ogni squadra che non ha buone strategie non vince. Il Paraclito ci sceglie e ci immette nella squadra della Chiesa, usa e raffina le doti di ciascuno, raddrizza le storture, adatta ed esalta il singolo alla strategia comune: “che conoscano te e che tu mi hai mandato”. Ogni giocatore che ha fiducia nell’allenatore si sottomette a mettere in secondo piano tutto quello che non serve alla strategia della squadra, perché ogni vittoria e gloria vengono attraverso la squadra. Qualora qualcuno si rifiutasse, allora anche la squadra rifiuterebbe lui; scomparirebbero vittoria, giocatori ed allenatore. Accade anche nella comunità dei cristiani non avere dei giocatori che sono bene allenati e che conoscono vagamente gli schemi tattici, oppure vogliono cambiare la strategia della squadra con la loro; peggio sarebbe se stanno vendendo la partita per qualche pugno di soldi. Si vedrà subito perché le gambe si stancheranno troppo presto, i giocatori non si sapranno trovare né cercare, mentre l’allenatore correrà su e giù sgolandosi, finché mesto si accascerà nella panchina aspettando il fischio finale.
P. Francesco Borri
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